Cappella del Crocefisso

La cappella del crocifisso è la seconda sulla navata destra. È formata dall’unione di tre cappelle distinte, avvenuta nel 1582 per creare un coro d’inverno, vale a dire uno spazio nel quale i religiosi si recavano a pregare nelle stagioni fredde o la notte. Le tre cappelle sono quella dei Galli a sinistra, quella dei Massimo al centro e quella dei Picchi a destra, ciascuna con un proprio altare. Nella cappella dei Galli l’altare era dedicato a San Giacomo e San Girolamo, in quella dei Massimo alla Santissima Annunziata, in quella dei Picchi ai Santi Niccolò, Maria e Caterina. All’epoca Clemente VIII (1592-1605), per la ristrettezza dello spazio, fece demolire gli altari laterali, lasciando solo l’altare centrale e riunendo i tre titoli in uno, cioè quello della cappella Massimo. L’ambiente continuò ad essere denominato “le tre cappelle” o “Cappella del Crocifisso”, dal crocifisso ligneo trecentesco che, secondo le rivelazioni di Santa Brigida, avrebbe parlato a Santa Brigida, e che fu lì collocato nel 1603. Nel 1799, quando la chiesa fu chiusa per l’occupazione francese, il crocifisso fu portato in Sant’Andrea della Valle, per essere ricollocato in San Lorenzo in Damaso nel 1820, quando la chiesa fu riaperta. Sui pilastri ai lati dell’altare sono dipinte le immagini della Madonna Addolorata, di Santa Brigida di Svezia e di Santa Veronica Giuliani (opere anonime realizzate in tempi recenti).

Crocefisso Ligneo – sec. XIV

Scuola Romana – seconda metà del sec. XIV

Nella Cappella del Crocifisso costituita nel 1582, è posto sull’altare un crocifisso ligneo policromo, Gesù viene raffigurato con il capo reclinato e coronato di spine, i chiodi trafiggono il palmo delle mani e i piedi sovrapposti; il viso è atteggiato ad una espressività serena, successiva agli atroci spasmi dell’agonia e riflette nella struttura scultorea un’anatomia essenziale nelle braccia, nel torace e nell’addome, segnata da un perizoma dal pesante e rigido panneggio, seguendo un linguaggio di derivazione scultorea romana classica costantemente presente nella formazione degli artisti operanti nella città. L’ebanista che ha realizzato il crocifisso nel XIV secolo definisce la costruzione dell’immagine, nei caratteri formali plastici in cui si evidenzia il dolente e silente consummatum est, testimonianza della salvezza dal peccato degli uomini attraverso la morte e la resurrezione del figlio di Dio. La scultura lignea di scuola romana, nel linguaggio figurativo dell’imago Christi, della seconda metà del trecento, si allinea in valore e qualità artistica, con i più noti esempi di crocifissioni tardo medioevali conosciute nelle aree umbre e toscane. Nella basilica di San Lorenzo in Damaso nel XVI secolo, il Cristo era situato in prossimità della cappella del Sacramento, nel 1603 la croce fu posta nell’attuale collocazione e in tale circostanza subì dei ritocchi conservativi e venne corredata dal cartiglio accartocciato in cui è inscritto il titulus Cristi INRI (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum). L’intervento di restauro dell’anno 2000 ha contribuito ad eliminare patine e velature (Ádám Poós, San Lorenzo in Damaso, Roma 2015 pp.108-109). Nelle narrazioni storico critiche della chiesa il Crocifisso damasiano è posto in relazione con il soggiorno romano di Brigida di Svezia, [negli anni difficili della guerra dei Cent’anni (1339-1453)], nel suo cammino religioso giunse a Roma nel 1350 in occasione del Giubileo, ed alloggiò in una abitazione limitrofa alla chiesa di San Lorenzo in Damaso. Nel complesso architettonico medioevale degli ambienti adiacenti alla chiesa, la santa poteva agevolmente raccogliersi in preghiera meditativa davanti al Crocifisso, che diviene un perno dell’evoluzione della dialettica cristologica di Brigida che si esprime concretamente nella stesura delle Rivelazioni. L’immagine damasiana della passione e morte di Gesù, si inserisce nell’ambito della cultura cristologica medioevale come cardine dialettico che trova il suo primo momento di divulgazione cultuale nel crocifisso di San Damiano (conservato nella Basilica di Santa Chiara ad Assisi) che permea l’esperienza mistica di Francesco d’Assisi, impetrando un discorso fideistico di costante attualità.